Leggendo questo interessante post di Luca Minudel voglio dire la mia su un argomento per me di estrema attualità.
Sicuramente l’applicazione del cosiddetto “in pair programming” può dare i suoi benefici e rivelarsi determinante nei contesti opportuni circa la buona riuscita di un progetto; mi riferisco a:
1) Raggiungimento degli obiettivi
2) Rispetto dei tempi previsti (o anche riduzione degli stessi)
Il problema è che questa metodologia non può essere applicata alla cieca. Voglio dire con questo che se le forze in gioco sono complementari ed equilibrate e non manca il giusto spirito di condivisione della conoscenza, l’obiettivo è sicuramente raggiunto, anche con qualche difficoltà oggettiva dovuta agli strumenti che si utilizzano che spesso non sono così efficienti da gestire in modo sicuro il lavoro di due persone sullo stesso argomento.
Se invece le forze in gioco non hanno equilibrio si finisce per sovrapporsi creando inutili perdite di tempo, soprattutto quando la conoscenza è vista come un qualcosa di strettamente personale da non condividere con nessuno.